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Daniele Scalea, La sfida totale

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Daniele Scalea, La sfida totale. Equilibri e strategie nel grande gioco delle potenze mondiali (con una prefazione del gen. Fabio Mini), Fuoco Edizioni, 2010

Quando nella Prefazione a un libro (che tu credi un semplice saggio) trovi scritto che il libro in questione è un trattato di alto livello, e che al riguardo «non c’è molto altro da dire», ti vien voglia di accantonare ogni velleità recensoria per armarti di matita e procedere a una lettura chiosastica mentre anneghi nel sublime.

Ma quando il libro è La sfida totale. Equilibri e strategie nel grande gioco delle potenze mondiali di Daniele Scalea, e la prefazione è del gen. Fabio Mini, sapere che un esperto siffatto definisce l’opera prima di questo giovane e brillante studioso come «un trattato di alta geopolitica» che descrive «il mondo attuale cercando di interpretarlo alla luce delle teorie classiche della geopolitica confermandone […] la validità metodologica» non può che farti venire una voglia matta di dire la tua – tanto più che è lo stesso Scalea, nella sua Introduzione, a dichiarare: «L’insoddisfazione per le interpretazioni abitualmente propinate al grande ed al “piccolo” pubblico mi ha spinto a scriverne una mia. Questo libro non ha l’ambizione di rivelare fatti nuovi, ma solo di tessere quelli già noti nella trama di una nuova interpretazione. Non si tratta di un’opera d’approfondimento con tutti i crismi della metodologia scientifica, ma d’un commento dal vago sapore divulgativo, che ha anteposto la leggibilità al rigore delle dimostrazioni».

E ha perfettamente ragione, Scalea, su tutti i punti.

Primo, perché è incontestabile che da tempo ormai – e segnatamente dall’11 settembre 2001 – tutti gli accadimenti che si determinano sul globo vengono fatti digerire all’opinione pubblica sulla base di fantasiose griglie interpretative volte ad accreditare una messianica gestione unipolare del pianeta. In quest’ambito, per esempio, si colloca il famosissimo (e, a mio personale avviso, mai abbastanza vituperato) Scontro di civiltà di Samuel Huntington: pubblicato nel 1996 come sviluppo di un articolo pressoché omonimo apparso nel 1993 sulla prestigiosa rivista “Foreign Affairs”, il saggio di Huntington sosteneva la tesi secondo cui nel mondo post-Guerra fredda la fonte primaria di conflitto sul pianeta sarebbe stata rappresentata dalle identità culturali e religiose ovvero dalla loro rispettiva irriducibilità – peccato che il testo di Huntington suggerisse in realtà le linee di attuazione di questo scontro secondo i voti dell’amministrazione statunitense: e basta leggersi il rapporto dell’istituto di ricerca “Project for a New American Century” (PNAC) intitolato Rebuilding America’s Defenses: Strategies, Forces and Resources for a New Century (Ricostruire le difese dell’America: strategie, forze, e risorse per un nuovo secolo), uscito nel 2000, oppure il documento  The National Security Strategy (La strategia per la sicurezza nazionale) reso pubblico dalla Casa Bianca nel settembre 2002, per rendersene conto agevolmente. Pertanto è comprensibilissimo che ogni tanto qualcuno, più accorto o più libero degli altri, decida di “andare a vedere come stanno le cose” per conto suo; e, potendolo, renda a tutti l’immenso favore di condividere le sue interpretazioni.

Poi, perché realmente La sfida totale non rivela fatti nuovi – non ce n’è bisogno. I fatti che hanno determinato il nostro presente (il presente del pianeta, mica beghe di quartiere) datano, come sappiamo, dagli anni Quaranta del XX secolo: ma hanno subìto un’accelerazione esponenziale dal novembre 1989, quando la caduta del Muro di Berlino sancì, oltre alla fine ufficiale della Guerra fredda, anche l’inizio dell’unipolarizzazione americanocentrica. Ora, il punto non è il loro essersi manfestati nella nuda concretezza fattuale, appunto: bensì il loro essere stati travisati attraverso la lente deformante della mission statunitense, che si sta rivelando – e non da ora – l’ideologia più esiziale con la quale l’umanità si sia mai confrontata. Partendo da questa constatazione difficilmente contestabile (almeno da parte di chi non sia un servo, uno sciocco o entrambe le cose contemporaneamente – bingo!), Scalea si cimenta nell’impresa non facile, ma in questo caso riuscita, di descrivere gli scenari attuali alla luce delle teorie geopolitiche classiche, sgombrando il campo dalle manipolazioni pilotate e dalle forzature compiacenti a cui l’opinione pubblica sembra pressoché ovunque assuefatta. Ne emerge un quadro d’insieme che a tratti è così distante dalla prospettiva consueta da sembrare addirittura riferito a un altro mondo – e probabilmente lo è davvero: il mondo di chi ha perso da tempo la memoria e la coscienza di sé.

In terzo e ultimo luogo, il saggio di Daniele Scalea è veramente un testo divulgativo nell’accezione migliore del termine: oltre a fornire, si diceva, un apprezzabile quadro d’insieme della situazione internazionale presente (sempre magmatica e suscettibile di cambiamenti repentini, come è nella natura delle cose) La sfida totale ha il pregio di offrire una breve ma completa storia del pensiero geopolitico classico: utile ripasso per gli addetti ai lavori, esaustiva introduzione per i principianti e salutare bacchettata sulle dita dei teoreti improvvisati.

Come scrive il gen. Mini nella Prefazione, il primo degli elementi «che incidono negativamente sulla validità dell’analisi geopolitica […] è che, alla pari di qualsiasi teoria politica, la geopolitica non è mai obiettiva, asettica o imparziale». Mi verrebbe da commentare: “purtroppo”. In realtà,  non dimentichiamo che proprio la facoltà di scegliere e di assumersi progettualmente la responsabilità delle conseguenze derivanti da una scelta costituisce la cifra non soltanto dell’uomo, bensì del cittadino contrapposto al suddito. Così come richiede una scelta, ossia uno schierarsi in campo, il momento storico in cui viviamo: e si tratta di una scelta da confermare giorno per giorno, in accordo con i mutamenti che plasmano senza posa il nostro mondo. A fronte di chi si lascia vivere, di chi aspetta le briciole o di chi ostenta il disprezzo dell’ignorante per la disciplina geopolitica, ben venga un testo lucido e chiaro come questa Sfida totale, aiuto prezioso per chiunque voglia scegliere – di diventare ciò che è: un cittadino, o un suddito.

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